IMI: CHI SONO

Il 3 settembre 1943 l’Italia firmò a Cassibile, in Sicilia, l’armistizio con gli Alleati contro i quali era entrata in guerra a fianco della Germania il 10 giugno 1940. L’armistizio venne reso pubblico l’8 settembre e il vecchio alleato tedesco diede il via a una operazione lampo che mirava all’annientamento e, se necessario, alla distruzione delle forze italiane ovunque dislocate. Le forze armate italiane che erano in Italia e sui vari fronti di guerra all’estero, si trovarono, a seguito dell’improvviso capovolgimento della situazione che li poneva di fronte ad un ex forte alleato diventato improvvisamente nemico, senza precise disposizioni e quasi dovunque il dispositivo tedesco scattò con successo aiutato anche dal comportamento della Autorità di Governo e di taluni vertici militari che abbandonarono le Forze Armate  italiane in balìa di se stesse. Le truppe tedesche fecero prigionieri 750.000 militari italiani dirottandoli nei Lager polacchi e tedeschi. Col preciso intento di costringerli ad accettare ogni proposta di adesione, i militari italiani vennero posti nelle peggiori condizioni fisiche e morali. Per toglier loro la possibilità di essere tutelati dalla Convenzione internazionale di Ginevra, negaron loro la qualifica di “prigionieri di guerra” declassandoli alla stregua di “internati militari”. In questo modi gli IMI, (Internati Militari Italiani) vennero privati di ogni garanzia giuridica, di ogni possibile soccorso esterno e di ogni controllo sulle loro condizioni fisiche e morali e quindi sulla loro sopravvivenza. Vennero ammucchiati nei vari Lager (DULAG, campo di transito e di smistamento; STAMMLAGER, per  sottufficiali e truppa; OFLAGER,  per ufficiali; STRAFLAGER, di punizione), in baracche in pessime condizioni strutturali e igieniche e l’ambiente era stato creato appositamente con lo scopo di annullare la loro personalità. Fame, freddo e nostalgia furono i compagni degli IMI assieme a pidocchi, pulci, cimici, malattie e violenze dei loro guardiani. La TBC, il tifo, la dissenteria, la violenza causarono la morte di oltre 60.000 IMI. Una propaganda incessante messa in atto con tutti i mezzi dalle SS e da gerarchi e ufficiali della RSI nel tentativo di indurre gli IMI ad aderire alla RSI non riuscì a farli scendere a patti con la loro dignità né a far tradir loro il giuramento di fedeltà al Re: solo il 3 % uscì dai ranghi. Neppure la propaganda per convincere gli ufficiali al lavoro volontario ebbe fortuna tanto che i tedeschi, per salvare la faccia, obbligarono al lavoro coatto centinaia di ufficiali. La “resistenza bianca” degli IMI, iniziata nei carri bestiame che li portavano nei Lager, fu metodica e tale da pesare, sia pure indirettamente, sull’apparato bellico tedesco: se quella massa di uomini avesse accettato l'arruolamento avrebbe potuto costituire un nerbo poderoso di forze in grado, se non altro, di allungare la durata dello sciagurato conflitto in Europa. «Non abbiamo vissuto come bruti» scrive GG nel Diario clandestino. «Costruimmo noi con niente la Città Democratica». Si formò infatti nei Lager una attività culturale e ricreativa organizzata dal nulla grazie alla genialità e generosità di uomini straordinari. Quando, nell’aprile del 1945, le truppe Alleate giunsero a liberarli, trovarono uomini fisicamente malridotti ma interiormente liberi. Purtroppo ai 60.000 IMI morti nei Lager se ne aggiunsero almeno altrettanti al loro rientro in patria per le gravissime malattie riportate. Al loro rientro gli IMI non chiesero nulla e, rimboccatisi le maniche, contribuirono validamente alla ricostruzione materiale e morale dell’Italia. «Da quegli uomini» disse il generale Barbolini nel 40° della Liberazione a Bologna «viene una luce che nobilita l’Italia e che dà a tutti noi, nel tempo, un punto di riferimento inimitabile e ineguagliato in tutti i popoli e in tutte le circostanze».  

LA LORO “MEMORIA STORICA”
Riportiamo alcune note sulla situazione degli archivi che riguardano gli IMI (Internati Militari Italiani) nei Lager tedeschi nel secondo conflitto mondiale.
Iniziamo con l’Archivio storico esistente nella sede nazionale di Roma dell’ANEI, Associazione Nazionale ex-Internati, Ente giuridico costituito con Decreto del presidente della Repubblica nel 1948.
Il Museo dell’Internato di Terranegra, (don Alberto Celeghin, via dell’Internato Ignoto, 24 – 35128 Terranegra-Padova – telefax 049/755307). Anche se non si tratta di un archivio vero e proprio collegato con le reti informatiche di altri archivi e biblioteche è un museo moderno e didattico. 
La Fondazione Micheletti, via San Rocchino, 47 – 25123 Brescia dove esiste il nucleo di un «Fondo ANEI» (Associazione Nazionale Ex Internati). 
L’Archivio privato Sommaruga in stretto rapporto con storici e centri di documentazione italiani e tedeschi. 
L’Archivio dell’ANEI Firenze curato dall’ex IMI Nicola Della Santa.
L’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (AR), piazza Plinio Pellegrini, 1 – CAP 52036 – tel. 0575/797730 – fax 0575/799810, con 3000 diari e memorie di cui 130 di ex IMI.
L’Archivio privato Guareschi curato dai figli per il Club dei Ventitré.
Esiste materiale IMI in altri archivi di Istituti Storici e associazioni di reduci (ANRP, ANCR, GUISCO, «ACQUI», Ordinariato Militare, Ufficio Storico SME, Archivio Ministero degli Esteri, Archivi centrali e locali di Stato) tra i quali è auspicabile un collegamento o interscambio.

Bibliografia
CHI SONO: 
abbiamo copiato sfacciatamente dal testo della Conferenza tenuta alla Scuola Media Statale «Addobbati» di Villanterio il 19 ottobre 1996 dall’ex IMI generale Egisto Fanti. Il testo integrale è a disposizione dei Soci e di tutti coloro che vogliono documentarsi sulla famosa “resistenza bianca”.
LA LORO “MEMORIA STORICA”:
Abbiamo preso notizie dalla preziosa Bibliografia ragionata dell’Internamento – Per non dimenticare  di Claudio Sommaruga che consigliamo a tutti coloro che vogliono saperne di più sugli IMI.