Racconto vincitore dell'edizione 2003

DONNE DI LANGA

di Bruno Bianco


«Non è una donna di langa.*»
Giulia era stata accolta così dalle donne della cascina del Poggio; dopo nemmeno un mese che si era sposata con il figlio più giovane della famiglia, loro l’avevano già segnata. Troppo magra e esile, troppo piacente e aggraziata, troppo timida e debole per essere una donna di langa; il giudizio delle mogli degli altri cinque figli era inappellabile e definitivo. Poi nell’autunno era successa la tragedia; il marito era entrato nella botte dove bolliva il mosto e non ne era più uscito, almeno non con le sue gambe; quando lo tirarono fuori i gas della fermentazione lo avevano già soffocato e Giulia in pochi mesi era passata da nubile a coniugata a vedova.
«Già era inutile prima; adesso non so proprio a cosa può ancora servire.»
«Poi finisce che si trova un altro marito e ci tocca dividere la terra con un forestiero.»
«Vi dico io cosa bisogna fare; compriamole la parte che era di Sandro, la liquidiamo e ci leviamo il fastidio.»
«Giulia non è una donna di langa.»
Sandro non era ancora stato seppellito e già fratelli e cognate si preoccupavano della terra. La cascina del Poggio era enorme, una delle più grosse della zona, terra di langa, da consumarti di fatica per venirne sempre in poco, per arricchire i mediatori che ti compravano tutto, fino all’ultimo chicco di grano, fino all’ultimo grappolo d’uva, fino all’ultimo carro di fieno, ma sempre all’ultimo momento. Arrivavano sempre alla fine, quando non trovavi più nessun altro e allora per non rimetterci tutto, davi ogni cosa all’unico mediatore che si presentava; anche se lo sapevi che tra loro si mettevano d’accordo, si spartivano la cascine e alla fine il prezzo lo facevano sempre loro. Così la sera dopo il funerale i cinque cognati buttarono sul tavolo davanti a Giu-lia un numero di lire grande abbastanza che nessuno potesse mai dire che l’avevano fregata, ma allo stesso tempo piccolo abbastanza perché i fregati non fossero loro.
Da quel momento Giulia andò a vivere in quel piccolo pezzo del casale che le era rimasto e se ne stava fuori da tutti i riti della famiglia, lontano dai lavori delle donne della famiglia.
«Non è una donna di langa» dicevano le cognate quando dovevano cucinare per gli uomini, quando c’erano quei lavori di campagna che facevano soltanto le donne, quando piegavano la schiena per lavare le lenzuola. E lei non sgobbava mai in mezzo a loro; lei a casa non c’era mai e loro non sapevano mai dove fosse.
Intanto dal paese qualche giovane e qualche ragazza avevano già iniziato ad andarsene “Cercano gente in quella fabbrica di Alba” erano le parole che giravano più spesso tra i giovani che vedevano una vita nuova, perché “ad Alba c’è un signore che ha una piccola fabbrica, ma adesso si sta ingrandendo; si è messo a fare un crema speciale di cioccolato e nocciole e dicono che nel giro di qualche anno ci sarà lavoro per tutta la langa”.
Chi andava raccontava di una vita da sogno, con un orario fisso, uno stipendio sicuro e la domenica in giro per Alba, dove i bar erano quasi più belli di quelli di Bra; tanti non ci credevano perché non poteva essere possibile che ci fosse qualcosa di più bello di Bra e dei suoi bar.
«Figurati, una fabbrica di cioccolato alla nocciola. Che metta su una fabbrica di tagliatelle oppure di bollito; chi vuoi che mangi del cioccolato alla nocciola!”
Ridevano le donne della cascina, adesso che si erano convinte che Giulia fosse andata a lavorare nella fabbrica di Alba, perché stava via tutta la giornata e a volte non tornava nemmeno a casa alla sera.
«Vuole le comodità, la signora!»
«Crede di diventare ricca senza far fatica.»
«Scappate lavoro e sacrificio che arriva Giulia.»
«Non è una donna di langa.»
Poi passavano i mesi e di Giulia ne sapevano sempre meno; le cognate andavano in giro a chiedere a tutti quelli del paese che erano andati nella fabbrica, ma nessuno aveva mai visto Giulia. Allora iniziarono a girare voci strane, che si fosse messa a fare la vita; qualcuno diceva a Bra, qualcuno diceva ad Alba, qualcuno che avesse iniziato a Bra, ma che poi si fosse spostata ad Alba perché era lì che adesso iniziavano a esserci i soldi. Le cognate riportavano le voci, le ingrandi-vano, se non sapevano, inventavano; ma a mandarle in bestia era che Giulia con loro non parlava, non diceva niente.
«Ma come vuoi campare senza lavorare?-»
«Vuoi farci fare brutta figura a tutti?»-
«In fondo sei ancora una della famiglia.-»
«Non sei una donna di langa.»
Poi una mattina di ottobre nel cortile arrivò una vecchia “Cinquecento”, di quelle dalle croma-ture lucide che tutti i bambini uscivano a vederla; era Gino il mediatore, anzi per tutti era il Mediatore e basta. Era il più esperto, il più forte, il più ricco mediatore della zona; non c’era partita di grano, di meliga, di uva, di vino che passasse di mano senza che lui lo sapesse, senza il suo consenso, senza che lui non ne avesse un qualche vantaggio.
«È qui che abita la signora Giulia?» aveva chiesto e non era ancora entrato in casa che già tutti erano usciti in cortile a chiedersi che cosa volesse Gino il mediatore da una come Giulia.
Il mediatore uscì che era mezzogiorno passato e nel cascinale quella mattina non si era combinato niente. Gli uomini non erano andati nei campi e le donne non avevano nemmeno iniziato a cucinare, tutti a discutere, ognuno con la propria opinione, ognuno con la propria idea, ognuno con la propria convinzione su cosa si stavano dicendo Giulia e Gino il mediatore.
«Allora restiamo d’accordo così signora Giulia. Ci risentiamo presto» lo avevano sentito dire uscendo dalla porta e tutti si stupivano di vederlo così gentile, con il cappello in mano, mentre salutava Giulia addirittura con un mezzo inchino; proprio lui che era solito trattare sgarbatamente i contadini, approfittando della sua posizione di forza e sfruttando il loro stato di debolezza.
Ci volle più di una settimana, fatta di discorsi al bar, sul sagrato della chiesa, sulla piazza del mercato e nelle botteghe del paese prima che capissero cos’era successo; i racconti, le voci, le chiacchiere, i sentito-dire avevano partorito i primi rudimenti di conoscenza, poi trasformati in ipotesi, quindi diventate opinioni e alla fine convertite inesorabilmente in certezze.
Con i soldi della vendita della sua parte, Giulia si era comprata un terreno, di quelli che valevano poco e costavano meno e lì aveva piantato nocciole; sì, alberi di nocciole, alberi che aveva moltiplicato in altri terreni da poco, affittati con accordi del tipo “Tu metti il terreno, io metto le piante”. Aveva anche fatto dei debiti, per comprare altra terra, per mettere nuove piante; gli altri seminavano grano, coltivavano vigne, facevano fieno, mentre lei piantava nocciole, nocciole che non interessavano a nessuno. Finché quell’anno il signore della fabbrica di Alba centrò la scommessa; l’Italia intera voleva crema di cioccolato alla nocciola e lui voleva nocciole e le nocciole della zona le aveva solo una persona: Giulia.
Nessuno seppe mai com’era terminata la trattativa di quella mattina, ma si diceva che i soldi che Gino il mediatore fece avere a Giulia per tutte le sue nocciole erano tali e tanti che tutti insieme in paese nessuno li avesse mai visti; così Giulia per il paese diventò “la signora delle nocciole”. Alcuni poi le chiesero di vendere i noccioleti, altri si offrirono di lavorarglieli, mente tutti decisero che il prossimo anno avrebbero piantato alberi di nocciole; e Giulia diceva di sì a tutti, perché era duro lavorare da sola quei terreni, perché i soldi che le offrivano erano tanti, perché sapeva che comunque il suo monopolio non sarebbe durato a lungo. Poi disse di sì anche alle cognate che l’avevano invitata al pranzo della domenica; era stato un buon pranzo, in allegria, con i vecchi, gli uomini, le donne e i bambini. Alla fine Giulia si era alzata, aveva ringraziato e aveva anche accettato di tornare la domenica successiva; sulla porta si era però fermata, aveva fissato tutti e l’aveva buttata lì:
«Voi non siete donne di langa».
E con un sorriso, la signora delle nocciole aveva lasciato quella casa.


* Le Langhe o la Langa è un territorio del Piemonte meridionale: costituito da alte colline, era nel passato una zona molto povera.


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